«Sulla sostenibilità esiste una polisemia su cui spesso non è banale mettersi d’accordo». Così Giorgio Gosetti, docente di sociologia del lavoro all’Università di Verona e fra i trainer coinvolti nei percorsi formativi del progetto Niuko Sostenibilità 360. «Si parla molto più spesso di sostenibilità ambientale ed economica, la sostenibilità con declinazione sociale è meno esplorata, mentre è fondamentale oggi interrogarsi anche su questi temi in uno scenario in cui molti contesti lavorativi appaiono degradati dal punto di vista della qualità della vita».
Va in questa direzione, con un focus specifico, il progetto “DimiCome – Diversity Management e Integrazione. Le competenze dei Migranti nel mercato del lavoro”, promosso dalla Fondazione ISMU e co-finanziato dal Fondo FAMI 2014-2020, cui ha preso parte anche l’Università di Verona. Un percorso che nasce con l’obiettivo di individuare buone prassi e nuove strade per valorizzare le competenze dei migranti anche come asset competitivo per le imprese e le economie locali. «In linea generale – spiega Gosetti – abbiamo rilevato come le imprese che valorizzano meglio la diversity sono anche le realtà più radicate nel territorio, quelle con più connessioni con il terzo settore e gli altri attori locali. Non solo: abbiamo osservato una correlazione fra la capacità di gestire la diversity e i processi di recruiting: le aziende più virtuose sono spesso quelle in cui in fase di selezione vengono valutate in modo sistematico, oltre alle competenze tecniche dei migranti, anche le soft skill, per individuare potenzialità e percorsi di carriera che vanno al di là degli impieghi di basso livello cui in genere vengono assegnati. Fondamentale anche l’investimento della formazione, in alcuni casi attraverso la figura di un mentor interno all’azienda per ogni risorsa inserita, mentre le realtà più avanzate hanno attivato anche esperienze come spazi di ascolto per i collaboratori e comitati che coinvolgono risorse di diverse aree su un tema specifico come ad esempio l’organizzazione di momenti informali per favorire la partecipazione».
Si tratta, spiega Gosetti, di realtà che «sono passate dalla cultura delle pari opportunità che ingabbia la diversità in quote alla cultura del diversity management come valore e opportunità» dimostrandosi capaci di investire in progetti di lungo periodo per tenere insieme il “valore economico” con il “valore delle persone”. Una sfida che passa attraverso la formazione che rappresenta anche un modo per comunicare questi valori che spesso rappresentano anche elementi decisivi nella capacità di attrazione e retention delle aziende: «La formazione per le risorse interne – conclude Gosetti – è infatti anche una modalità per aumentare l’engagement delle persone e la circolazione delle informazioni generando spesso un effetto positivo in termini di comunicazione».