L’Industria 4.0 sta diventando sempre di più una parola d’ordine sia a livello nazionale che internazionale. Spesso la si associa al concetto di digitalizzazione o ad alcune tecnologie abilitanti (ad esempio l’Internet delle Cose), altre volte all’automazione, e quasi sempre alle agevolazioni fiscali che a partire dal piano Nazionale Industria 4.0 del 2017 il governo italiano elargisce a chi si avvale di soluzioni “smart”. Tuttavia, non sempre il significato di Industria 4.0 è chiaro e soprattutto non sono sempre sono chiari i motivi per cui è nata e quali sono suoi obiettivi principali. In questo articolo, proveremo a fare un po’ di chiarezza.
“Con l’Internet delle cose verso la quarta rivoluzione industriale” è un documento reso noto al pubblico alla fiera di Hannover nel Novembre 2011 da alcuni esponenti del mondo politico, accademico e imprenditoriale tedesco. Nel documento vengono delineate le linee guida per uscire dalla crisi manifatturiera che la Germania stava vivendo in seguito alla crisi finanziaria degli anni precedenti. Gli autori identificano nell’utilizzo di alcune delle tecnologie emergenti, per lo più digitali, la strada maestra per rimanere competitivi nel mercato globale, mantenendo il ruolo di “locomotiva d’Europa” di cui la Germania è sempre andata particolarmente fiera.
Tecnologie (digitali) al servizio dei sistemi produttivi. La Germania infatti è stata sempre leader mondiale nel settore metalmeccanico, forte della sua industria automobilistica e del suo indotto, molto legato anche alla produzione di macchine utensili, impianti e software industriali. Tuttavia, l’elevata automazione garantiva certamente elevata produttività e qualità a costi sempre più bassi, ma aveva nella scarsa flessibilità, ovvero nella capacità di riconfigurarsi per un maggiore mix produttivo (maggiore richiesta di personalizzazione da parte dei clienti finali) il suo tallone d’Achille. Viceversa, le nuove tecnologie digitali, per loro natura estremamente flessibili, erano in grado di introdurre questo elemento all’interno del sistema produttivo.
Flessibilità e riconfigurabilità sono quindi due delle parole chiave dell’Industria 4.0.
Perchè 4.0? Chi di noi ha ancora qualche ricordo scolastico, allora sa come la seconda rivoluzione industriale faccia riferimento al concetto di produzione di massa in particolare nel tessuto industriale automobilistico americano grazie soprattutto alla catena di montaggio e ai concetti del taylorismo implementati da Henry Ford intorno alla metà del XIX secolo. Elevata produttività (parcellizzazione del lavoro) e bassi costi (economia di scala) furono le principali conseguenze di questo nuovo sistema di produrre. Ciononostante, le varianti sul prodotto erano davvero limitate se non addirittura inesistenti. Fu invece l’ormai celebre imprenditore giapponese Kiichirō Toyoda che, a partire dal secondo dopoguerra, grazie all’ormai celebre Toyota Production System (sistema “tirato” dalla voce del cliente) introdusse una maggiore flessibilità mantenendo i costi concorrenziali con i modelli americani, “spinti” dalla catena di montaggio. Inoltre, a partire dagli anni ’70, con l’introduzione della robotica industriale i sistemi produttivi divennero sempre più automatici ed efficienti. Siamo entrati nella Terza Rivoluzione Industriale.
Negli stessi anni il mercato inizia ad aprirsi su scala globale, le aziende concorrenti iniziano a parlare lingue diverse e la delocalizzazione inizia ad essere un fenomeno sempre più frequente per aprire nuovi mercati ed abbassare i costi di manodopera. Le aziende iniziano a porsi il problema di come essere più competitive, di come produrre prodotti sempre più personalizzati a costi concorrenziali con chi delocalizzava in paesi in via di sviluppo. Nasce proprio con questo obiettivo la Quarta Rivoluzione Industriale, o Industria 4.0: maggiore competitività grazie all’utilizzo dei cosiddetti sistemi cyber-fisici, in grado di scambiare dati, analizzarli e fornire feedback in tempo reale agli asset produttivi sia a monte che a valle, introducendo l’elemento mancante, ovvero una maggiore flessibilità e autonomia in tempo reale. Si inizia quindi a parlare di Internet delle Cose, Analisi dei Big Data, Intelligenza Artificiale, ma non solo: infatti, si amplia il portafoglio delle tecnologie cosiddette “abilitanti” alla manifattura additiva, realtà virtuale e aumentata, al Cloud, alla sicurezza informatica e alle tecniche di simulazione di fabbrica.
Nasce il concetto di Fabbrica Intelligente, una fabbrica in grado di integrare lo sviluppo di nuovi prodotti con tempi di introduzione nel mercato minimi e capace di adattarsi alla variabilità del mercato garantendo standard di qualità elevati a costi inferiori. Tuttavia, l’implementazione di Fabbriche Intelligenti comporta lo studio e l’analisi sul medio-lungo termine delle famiglie di prodotto, del concetto di riconfigurabilità degli impianti e degli attrezzaggi e delle nuove tecnologie. Diventano pertanto fondamentali competenze tecniche multidisciplinari, trasversali e il reskilling delle competenze della forza lavoro, in modo da affrontare la complessità del sistema in maniera efficace, dinamica e su scala globale.
Alcuni studi nel mercato tedesco hanno evidenziato come le grandi imprese si siano già mosse da tempo in questa direzione, mentre le PMI sono ancora in relativo ritardo nell’adottare una strategia 4.0 di medio-lungo periodo. Il motivo risiede principalmente nella capacità di risorse umane disponibili da dedicare alle attività di ricerca e soprattutto di scouting tecnologico. Tuttavia per le PMI c’è una buona notizia: le barriere d’ingresso, ovvero i costi materiali di hardware e software per modernizzare le fabbriche e renderle quindi più efficienti e flessibili, sono molto basse. C’è di più: come accennato all’inizio dell’articolo, il governo italiano sta mettendo a disposizione delle PMI una grossa quantità di denaro grazie all’attuale Piano Transizione 4.0.
Non è quindi troppo tardi per cogliere il treno dell’innovazione, tuttavia occorre prima di tutto comprendere l’importanza di investimenti (mirati) nelle nuove tecnologie. Il secondo passo è quello di migliorare la conoscenza di queste tecnologie a tutti i livelli aziendali, dal management (che ha potere decisionale sul portafoglio), agli ingegneri (che dovranno implementare le tecnologie) fino agli operatori in fabbrica (che dovranno utilizzare i nuovi sistemi): anche in questo senso, il governo ci viene in contro mettendo a disposizione il Credito d’Imposta Formazione 4.0.
Infine, in base alle priorità e ai budget aziendali occorrerà definire e implementare una roadmap strategica 4.0 per andare ad identificare e lanciare progetti pilota ad elevato moltiplicatore economico in grado di essere poi scalati. Nella maggior parte dei casi affrontati, una prima analisi di fattibilità finanziaria evidenzia come mediamente il ROI sia inferiore all’anno solare.
* Senior Expert GC&P for industry 4.0