Formazione e governance? «Per integrare la sostenibilità nei processi organizzativi devono andare di pari passo, ci dev’essere un disegno». Camilla Speriani, fondatrice di Collectibus srl. SB, esperta di sostenibilità, è fra i trainer coinvolti nei nuovi percorsi formativi Niuko Sostenibilità 360, prima tappa di un macro-progetto tutto dedicato all’implementazione della sostenibilità – economica, sociale e ambientale – nel core-business aziendale (guarda il video). «Fondamentale – continua la docente – è l’individuazione di una figura – un CSR manager, ma anche un comitato, un gruppo di lavoro che rappresenti le principali funzioni aziendali – cui affidare la delega. Una figura che deve avere competenze specifiche, ma al tempo stesso un forte engagement, una spinta motivazionale riguardo ai temi della sostenibilità in azienda, aspetto non meno rilevante rispetto al nodo delle competenze: ecco perché in questi casi alcune aziende scelgono di invitare i dipendenti a proporsi attraverso delle autocandidature».
Quanto all’investimento nel training «vi è sicuramente necessità di una formazione tecnica, soprattutto verticalizzata rispetto alle declinazioni del tema per le diverse funzioni aziendali – dal welfare aziendale materia HR alla decarbonizzazione più afferente a Engineering, Produzione e HSE, ma anche una formazione in ambito soft skill. La sostenibilità d’impresa è un tema culturale e se all’interno dell’azienda non si crea una matrice comune e un’adesione valoriale, che accomuni tutte le aree e tutti i dipendenti, la formazione tecnica non porta ai risultati attesi. Non dimentichiamo poi che oggi sempre più spesso è anche il dipendente ad avere aspettative di carattere valoriale e di “significato” nei confronti dell’azienda e quindi questo tema ha a che fare con l’attrazione e la retention. In questo senso ci sono anche esperienze di medie aziende con un management lungimirante che hanno scelto di mettere attorno a un tavolo proprio i dipendenti per invitarli a scrivere assieme il piano di sostenibilità».
Nel territorio veneto la presenza di imprese familiari è particolarmente significativa. «Spesso – racconta Speriani – il passaggio di timone fra una generazione e l’altra rappresenta anche il momento di un cambio di rotta sul tema della sostenibilità, anche perché mediamente fra le generazioni più giovani c’è una maggiore sensibilità su questi temi. Le esperienze più riuscite – conclude la docente – sono quelle in cui la sostenibilità non è vissuta e interpretata obtorto collo come una “fatica” per rispondere alla domanda del mercato o degli stakeholder, ma come una leva per sviluppare nuovi prodotti, per migliorare i processi, per essere un’azienda in grado di anticipare il futuro».
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