Descrizione
Il 2016 è stato l’anno del naufragio per un Nordest che, come il Titanic, stava già visibilmente dirigendosi da un paio d’anni verso gli scogli.
La cosa che non smetterà mai di sorprenderci è come, di fronte all’evidenza di quanto stava accadendo, nessun esponente della classe dirigente, sia riuscito ad avere la lucidità necessaria per organizzare almeno un paio di scialuppe di salvataggio. E di come, invece, ora che i superstiti sono aggrappati a qualche trave rimasta a galla, siano ancora convinti che la salvezza possa arrivare dal rimanerci aggrappati individualmente.
Nella raccolta di articoli che pubblichiamo, che percorrono il periodo settembre 2015-agosto 2016, vengono raccontate le ultime ore passate sul ponte del Titanic Nordest. Fa a noi stessi una certa impressione rileggerli, tanto rapidamente i fatti si sono succeduti in un clima surreale. Basti pensare che solo un anno fa, noi che eravamo tacciati come “pessimisti”, prevedevamo che le azioni delle popolari venete potessero finire per quotare metà del loro valore, e siano invece finite in pochi mesi a 10 centesimi l’una.
Molti dei protagonisti delle nostre osservazioni si sono offesi alla pubblicazione di questi articoli, ignorando il fatto che, da buoni amici che sulla stessa nave abbiamo navigato, vedendola schiantarsi senza che abbiano mosso un dito, ogni tanto abbiamo usato qualche tono un po’ veemente. Qualcuno di loro ha perfino lavorato alacremente per cercare di chiuderci la bocca, un po’ come aveva fatto l’allora Sindaco di Venezia Giorgio Orsoni ai tempi della nostra proposta di fare delle Venezie la Capitale Europea della Cultura. Ma – come Orsoni – oggi sono impegnati a risolvere qualche problema più serio di tipo giudiziario.
In ogni caso, tutti noi, naufraghi del Titanic, sappiamo bene che non saremo noi a costruire una nuova imbarcazione capace di solcare i tempestosi mari di questo XXI secolo. L’unica cosa che possiamo fare, ora, è guardare con un po’ di lucidità a quanto sta accadendo e cercare di non essere di intralcio ad una nuova generazione che, ci auguriamo, faccia meglio di quanto abbiamo saputo fare. E che, soprattutto, impari dai nostri errori, per cercare di ricostruire.