Abbiamo già messo in evidenza come il passaggio del testimone nelle aziende e, in particolare, nelle PMI sia argomento di grande attualità nel nostro Paese. In questo articolo l’obiettivo è capire, attraverso numeri e statistiche la rilevanza e il dimensionamento di questo fenomeno partendo da un dato eclatante: nei prossimi 10 anni il passaggio generazione interesserà la metà delle aziende italiane.
Se a questo aggiungiamo che in Italia sono circa 5 milioni gli imprenditori iscritti alle Camere di Commercio, con un assetto di base che, per il 93% dei casi è di tipo familiare (a fronte di una media europea del 50%), si capisce come le caratteristiche dimensionali e organizzative renderanno il passaggio generazionale un argomento di primaria importanza.
L’indagine annuale di Unioncamere e Mediobanca pubblicata nel novembre 2017 evidenzia i seguenti dati sul passaggio generazionale:
- nell’ultimo ventennio le medie imprese familiari hanno rafforzato il proprio peso nella manifattura italiana: il loro valore aggiunto è cresciuto dal 12 al 18%, il fatturato dal 14,5 al 18,5%, l’export dal 15,6 al 19% circa
- queste imprese familiari sono trainate dal made in Italy (62% del valore aggiunto)
- quasi il 90% delle medie imprese esporta destinando il 48% del fatturato ai mercati esteri, ma la base produttiva resta italiana: ogni 10 siti produttivi, solo due sono all’estero (nella maggior parte dei casi nell’Unione Europea o in Nord America)
- il 45% delle medie imprese è alle prese con il passaggio generazionale: nel 70% dei casi vi è una modesta o quasi nulla apertura a manager esterni alla famiglia; il 40% dei board ha una età media superiore ai 60 anni e in essi siedono pochi membri (3 in media)
Possiamo quindi affermare che il peso nell’economia italiana delle medie imprese di tipo familiare sta crescendo, ma questo sviluppo può essere messo in discussione se il tema del passaggio generazionale non venga trattato con la necessaria serietà; infatti:
- degli imprenditori iscritti alle Camere di Commercio il 43% supera i 60 anni, per cui il numero di imprese che nei prossimi 10 anni dovranno affrontare il problema è il 40% del totale
- tra gli imprenditori, quelli che manifestano l’intenzione di lasciare l’azienda ad un familiare è nell’ordine del 68%
- il 10% dei fallimenti delle aziende deriva dalla mancata pianificazione e gestione del passaggio generazionale
- entro 5 anni dal passaggio dalla prima alla seconda generazione due aziende su tre scompaiono
- per il 30% delle aziende il processo di passaggio generazionale coincide con la fine della realtà aziendale
La successione generazionale sembra innanzitutto un problema di sopravvivenza dell’impresa prima che una questione personale dei familiari coinvolti. Per garantire la competitività dell’impresa è necessario pianificare per tempo e in modo strategico il passaggio di consegne tra l’imprenditore e l’erede, valutandone con attenzione i principali rischi e le potenziali opportunità. Come già sottolineato, il passaggio generazionale è un processo pluriennale in cui entrano in gioco numerosi fattori (fiscali, amministrativi, giuridici), senza sottovalutare i rapporti psicologici tra le persone coinvolte che vedono sovrapporsi la realtà familiare con quella aziendale.
Secondo dati ISTAT(1) sul passaggio generazionale, la programmazione della successione è consapevolmente affrontata dopo i 60 anni di età dell’imprenditore (71% tra i 60 e i 70 anni, e 67% dopo i 70 anni). Di fatto, quando gli eredi assumono il controllo dell’azienda sono già in età avanzata. Infine, sempre secondo dati ISTAT, il primo trasferimento di proprietà si verifica dopo circa 25 anni e il secondo dopo 21 anni, ciò a rimarcare che il primo passaggio generazionale è quello più difficile, forse anche perché non pianificato nei tempi e nei modi corretti.
Ovviamente la mancanza di esperienza sul tema al primo passaggio generazionale è un elemento determinante, ma è anche evidente che molti fallimenti dipendono dal fatto che l’impresa può non avere acquisito il giusto livello di autonomia. Il secondo passaggio generazionale potrebbe anch’esso minare un’impresa in via di consolidamento e necessita quindi di altrettante cautele e strumenti preparatori. Il terzo passaggio generazionale sarà il meno pericoloso perché l’impresa si sarà ulteriormente consolidata e resa autonoma dai membri della famiglia, quindi ormai “abituata” al fenomeno della successione.
IL FENOMENO NEL VENETO
Come riassunto in maniera accurata da una ricerca condotta dalla Confartigianato di Padova e Vicenza e pubblicata sul Corriere del Veneto dello scorso 20 agosto 2021(2), la situazione in Veneto non è diversa dal resto d’Italia, anzi. Se prendiamo per esempio il segmento delle micro imprese, quelle con meno di 15 dipendenti, notiamo che il problema non è semplicemente a chi lasciare l’attività, se consegnandola ad un membro della famiglia o venderla ad un terzo, ma trovare qualcuno che abbia la volontà di farsi carico di tale impresa anche quando parliamo di realtà in crescita e capaci di generare discreti utili. Si è notato come una possibile alternativa alla chiusura forzata sia far partecipare uno o più dipendenti al capitale dell’azienda e, giunto il momento, cedere la governance pur rimandando soci dell’azienda con capitale allargato.
Questa possibile soluzione, nelle micro imprese, risolve due temi:
- la morte dell’attività per sopraggiunti limiti di età del fondatore
- Lo sforzo economico di un dipendente che difficilmente avrebbe le risorse per rilevare in toto un’azienda sana e capace di generare reddito
Oltre a ciò è normale pensare che anche se di fatto si è passato il testimone dal punto di vista commerciale la percezione per fornitori e clienti sarebbe di continuità in quanto vedrebbero all’interno della compagine sociale sia l’imprenditore con cui hanno relazioni consolidate e sia uno o più lavoratori, magari storici, dell’impresa stessa. Purtroppo quando sopra descritto non è la normalità e spesso accade invece il contrario. Inoltre, come detto, dobbiamo pensare che oltre il 43% delle aziende è in mano a over 60 e che aprire ad una condivisione di strategie, vedute e cedere la leadership richiede uno sforzo non indifferente. D’altro canto anche il lavoratore dipendente che d’un tratto si trova sul “ponte di comando” con responsabilità crescenti necessità di una giusta dose di coraggio. Personalmente credo che in molte micro imprese questa strategia del “workers buyout” sia l’unica opzione percorribile per garantire il continuamente aziendale.
Un indagine appena pubblicata da Studio Temporary Manager (3) ci fa balzare agli occhi alcuni dati molto significativi riguardi le imprese familiari venete:
- 77,7% delle imprese Venete è a conduzione familiare
- In questo decennio in media il 20% delle imprese ha affrontato o dovrà affrontare il passaggio.
Inoltre oltre due terzi degli intervistati tra gli imprenditori hanno fatto sapere che sarebbe un loro desiderio che un familiare continuasse a gestire l’impresa. Un ultimo dato che ci tengo a sottolineare prima di arrivare alle conclusioni lo possiamo leggere da una ricerca Unioncamere (4), che in sintesi sottolinea il triste dato che negli ultimi dieci anni circa il 50% delle imprese “giovani” ha chiuso i battenti.
La fotografia che abbiamo davanti nel nostro paese, e in special modo nella nostra regione, è quella di imprese storiche gestite da imprenditori maturi che crescono, si espandono ma faticano a trasmettere la gestione dell’impresa al di fuori del proprio cerchio familiare, quando lo fanno. Dall’altra parte abbiamo dei giovani imprenditori che spesso chiudono la propria attività, per i più disparati motivi, o che ancor peggio decidono di intraprendere nemmeno il percorso imprenditoriale a mio avviso a causa dei pochi esempi di successo che potrebbero dare più fiducia alla nostra generazione.
In conclusione credo che se ci fosse più cultura e meno paura, sia nel fare impresa che nel pianificare con i giusti tempi la cessione della leadership, il nostro territorio sarebbe ancora più forte e capace di non perdere nel dimenticatoio il sapere di quelle imprese che chiudono per mancanza di successione e di attrarre giovani manager e imprenditori desiderosi di accettare la sfida di creare o guidare, nonostante la giovane età, un’azienda in uno dei territori più belli d’Italia.
Luca Padovan, socio fondatore di Wealth Route
Fonti
1-https://www.istat.it/it/files/2020/02/Report-primi-risultati-censimento-imprese.pdf