Ci sarà pure un motivo per cui le principali provincie dell’Emilia crescono di popolazione e il Veneto arretra del 2%. E ce ne sarà un altro se l’export pro capite emiliano batte quello di Veneto e Lombardia. E se l’Emilia è tra le italiane la prima regione innovativa in Europa e se il tasso di occupazione femminile batte di oltre 10 punti la media nazionale. Nel libro di Franco Mosconi, Modello Emilia, questi tratti emergono in maniera netta e la consapevolezza che in quella regione qualcosa di positivo sta accadendo cresce di giorno in giorno. Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera dedica una ampia citazione al riguardo; il Presidente Mattarella, sceglie il distretto della Meccatronica di Reggio – non quello della scarpa di Montebelluna o della concia di Arzignano – per parlare di futuro del lavoro al Paese.
Ma, quando si va a indagare il mondo imprenditoriale, sociale e istituzionale, di quella tratta che va da Piacenza a Bologna si scoprono altri fattori che spiegano il successo di quel modello. Per esempio che a Parma si concentra una quantità di imprese BCorp, da grandi gruppi come Chiesi fino a pmi come Davines, che non ha paragoni con altre città del Bel Paese. E che nella capitale del food italiano, per far fronte ai problemi di attrattività del territorio, un gruppo di imprenditori capitanati da Barilla, Chiesi e Dallara, ha dato vita a una associazione che ne raduna un altro centinaio, per costruire progetti di sostenibilità e di comunità come il Kilometro Verde, la Capitale Italiana della Cultura o progetti formativi che si affiancano a quelli delle Università locali (messe a sistema dalla Regione).
Portafogli alla mano, con quello spirito che Andrea Pontremoli chiama co – competitivo (“cooperiamo sui beni comuni e competiamo sul mercato”), le imprese emiliane hanno fattivamente affiancato e stimolato le istituzioni in progetti come la Data, la Packaging, la Food e la Motor Valley. Con il Festival della Green Economy che si apre venerdì, frutto di un impegno diretto delle imprese che lo hanno voluto e finanziato, Parma e l’Emilia si candidano ora a diventare anche la capitale della sostenibilità ambientale e sociale. Un progetto, al pari degli altri, che viene finanziato in primo luogo da quelle imprese che hanno capito che non basta più solo finanziare la squadra locale di calcio o acquistare una ambulanza o concedere un generoso welfare ai propri dipendenti, ma che per competere come territori bisogna mettersi assieme (e mettere assieme dei denari) su progetti di sviluppo dell’intera comunità. Cosa che hanno capito anche a Mirandola e Cartigliano – come ha raccontato Aldo Bonomi nel suo ultimo microcosmo sul Sole 24 Ore – ma sembrano stentare a capirlo aziende di dimensioni ben più robuste in molte altre realtà del Veneto e della Lombardia.
Se fossimo dunque nei panni degli imprenditori veneti o lombardi, giustamente preoccupati dalla scarsa attrattività dei propri territori e dal calo demografico, svolgeremmo una qualche riflessione e cercheremmo di trovare il modo di cominciare a mettere la testa fuori dalle mura della nostra impresa. Anche perché, essere forti nelle proprie cittadine e pensare di risolvere da soli problemi di portata più generale, non servirà davvero a nulla. Il calo demografico ci dice che a vincere saranno questa volta i territori e non più le imprese.