Autore, formatore e speaker sui temi del lavoro, dell’innovazione sociale e della ricerca attiva del lavoro: Riccardo Maggiolo è fondatore di Job Club, una startup sociale che ha aiutato migliaia di persone a trovare lavoro insieme.
Nelle scorse settimane, nell’ambito del percorso Niuko Attraction & Retention Hub, ha guidato il laboratorio esperienziale C’è vita dopo la laurea! che ha coinvolto insieme alcuni giovani laureati o laureandi con hr e manager di imprese del territorio vicentino, per mettere a confronto idee e visioni sui temi connessi all’attrazione dei talenti da parte dell’azienda e alla capacità di trattenerli.
«Rispetto alle generazioni dei loro nonni che spesso intraprendevano percorsi professionali quasi obbligati – spiega Maggiolo – i giovani si trovano a fare i conti con un eccesso di informazioni e di opportunità aperte. Anche per questo spesso appaiono disorientati, faticano a scegliere e trovare la strada giusta e individuare il loro percorso davanti a così tante possibilità aperte. Paradossalmente questo disorientamento rende difficile anche investire per tempo nel cercare di mettere a fuoco aspirazioni e competenze e individuare un percorso di carriera coerente, dandosi una direzione».
Maggiolo spiega poi che un altro fattore di “disorientamento” è rappresentato anche dalla modalità con cui domanda e offerta di lavoro cercando di incontrarsi: «Nella mia esperienza – racconta – mi è capitato spesso di imbattermi in situazioni in cui “sulla carta” erano richiesti requisiti elevati, disegnando un profilo quasi da “supereroe”. Quando poi però mi ritrovavo a parlare con il selezionatore in realtà mi veniva detto che ancor più che il possesso di tutte le competenze erano indispensabili requisiti apparentemente più scontati come la puntualità, la serietà, la disponibilità ad imparare. Le aziende sono oggi consapevoli che di fronte alla rapidissima evoluzione delle competenze ogni candidato, anche il più skillato, dovrà essere formato sia all’inizio che in maniera continua: per cui è fondamentale da una parte, quella del lavoratore, l’allenamento all’apprendimento continuo, e dall’altra, quella dell’azienda, lavorare sul trattenere i lavoratori in modo da evitare di perdere il capitale investito nel formarli».
Secondo il formatore per rispondere al gap fra domanda e offerta è necessario anche riflettere su alcune storture che hanno segnato la comunicazione su media e non solo: «Negli ultimi anni i riflettori sono stati puntati quasi esclusivamente sul fenomeno della carenza di lavoratori altamente specializzati in ambito IT, mentre si è parlato molto meno di tantissimi altri ambiti in cui il gap era altrettanto marcato. Il rischio è quello di procedere per slogan e tendenze comunicative del momento proponendo ai ragazzi una visione distorta della realtà del mercato del lavoro».
Fondamentale anche la riflessione sui modelli formativi alla base del nostro sistema scolastico, che spesso non sono aderenti al mondo del lavoro: un esempio è rappresentato dalla prevalenza delle attività individuali rispetto ai lavori di gruppo in classe, mentre il team work – che richiede competenze specifiche – è la modalità privilegiata in cui sono chiamate a operare quasi tutte le figure professionali all’interno del mondo delle imprese.