Cosa significa davvero “passare il testimone” in un’impresa familiare? Andrea Bettini prova a rispondere in Senza fine. Il viaggio di un’impresa familiare (Post Editori), in uscita il 17 aprile. Un libro che mette al centro la storia concreta, fatta di intuizioni, paure e rilanci, della famiglia Pretto, fondatrice della Essay Group di Lissaro di Mestrino (PD), azienda specializzata nella saldatura ad alta frequenza su materiali plastici e tessuti per settori come moda, nautica e medicale.
Fondato nel 2011 da Giuseppe Pretto e Loretta Pozzer, il gruppo si è rapidamente affermato unendo competenze artigianali e tecnologie avanzate. Ma è proprio il passaggio del timone ai figli Luca e Alice – oggi presidente di Essay Group e vicepresidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria – a rappresentare il cuore pulsante del libro. Bettini lo racconta con uno stile narrativo sensibile ma mai indulgente, trasformando l’esperienza dei Pretto in un esempio concreto per tutte le PMI italiane che affrontano il tema, spesso tabù, del ricambio generazionale.
Ogni capitolo è un tassello di vita, dalla fotografia di famiglia che dà l’incipit alla costruzione di un modello d’impresa capace di tenere insieme valori e visione, storia e futuro. Con la prefazione della docente Bocconi Marina Puricelli, Senza fine è anche una guida operativa travestita da racconto: perché quando la narrazione è onesta, il caso particolare diventa universale.
Pubblichiamo un estratto del libro.
(…) Quella foto è tanto semplice quanto potente. Scattata in un giorno qualunque — il 28 ottobre 2015 — eppure capace di contenere tutto. I sorrisi. Gli sguardi. Le braccia incrociate in un gesto d’amore. Potrebbe essere la locandina di un film Marvel, se ci fossero costumi di scena. Ma per essere supereroi della propria esistenza non servono maschere: basta esserci.
Quella sera, quando tutti loro si sono messi a osservare quell’immagine appesa alla parete, quella sera nella quale dovevano prendere una decisione, hanno visto tutto ciò. Già in passato era accaduto di passarci davanti distrattamente. Ma quella sera, quella foto li ha chiamati.
Ha mostrato loro chi erano. Come individui. Come famiglia. Come parte di qualcosa di ancora più grande. Ha mostrato che il percorso che volevano intraprendere era quello giusto. Che quel passaggio era da fare. Che si poteva fare. Perché in quel processo evolutivo loro sarebbero stati uniti. Separarsi per ricongiungersi. Senza mai essere soli. Ognuno avrebbe potuto contare sull’altro.
È così che l’impresa avrebbe potuto continuare. È così che anche la famiglia avrebbe potuto rinascere. Far rivivere giorno dopo giorno quel momento immortalato in uno scatto. Passo dopo passo. Nella giusta direzione. Costruendo un futuro che aveva radici ben solide nel passato e una modalità d’essere nel presente.
Arrivando, qualche volta, stanchi, ma mai disillusi. Non c’è fine per chi crede nei sogni e nella bellezza del realizzarli.