Sembrava cosa fatta. Poi è arrivato uno stop che ha fatto temere che, perfino in una situazione drammatica come quella attuale, nella quale sono in gioco i destini delle fiere presiedute da Lorenzo Cagnoni e Gianpiero Calzolari, le ambizioni personali e locali potessero fermare la fusione. Alla fine ci ha pensato la politica, quella con la P maiuscola, intervenendo per “costringere” Rimini e Bologna a fondersi. E lo ha fatto con l’unico strumento che conta, anche in politica. Mettendo sul campo denaro sonante e acquisendo così quote della società.
Una inversione di rotta notevole rispetto al passato, quando gli enti pubblici uscivano dalle fiere, si è scritto. In realtà non è così. Nelle fiere a contare è sempre stata la politica locale, basti vedere le composizioni azionarie anche delle società quotate, dove, quasi sempre sono sindaci o esponenti legati al mondo della politica a dettare legge. Ma la nuova fase segna una novità. Per reggere le fiere ora devono passare dalla dimensione locale ad almeno quella regionale. Diciamo almeno, perché, tutti gli esperti del business fieristico, pensano che nemmeno quella dimensione sia sufficiente per reggere e sia necessario aggregare su basi macroregionale. In Italia, dicono appunto gli esperti, c’è spazio per uno, massimo due, soggetti fieristici.
Se è così (e lo è) è evidente che dopo Bologna e Rimini anche gli altri soggetti in campo si dovranno muovere. E poiché sulla scena c’è un solo altro potenziale soggetto aggregante, cioè Milano, e due soli altri soggetti che ancora hanno manifestazioni di rilievo, cioè Verona e Parma, è evidente che la mossa di Bonaccini provocherà ulteriori movimenti. Ma mentre Parma è una realtà solida, con un soggetto che domina la locale fiera del calibro di Credit Agricole, Verona è rimasta orfana di soggetti in grado di garantirle autonomia e futuro in una fase così difficile. Scomparsi dalla scena il Banco Popolare (confluito in Bpm), Cattolica Assicurazioni (confluita ormai in Generali) e avendo indebolito la presenza di Unicredit, in riva all’Adige sono in atto da tempo contorsionismi destinati inevitabilmente a far precipitare la situazione.
A Verona da mesi la partita è chiarissima (la descriviamo nei dettagli in un articolo a parte di questo numero di Monitor). La società è più di un anno ormai che annuncia con regolarità trimestrale un aumento di capitale da 30 milioni che nessuno sottoscrive e che nessuno sottoscriverà mai, stante la situazione del vertice. Una situazione che vede il direttore Giovanni Mantovani incollato con l’Attack alla sua sedia, incurante dei destini della Fiera, secondo uno stile tutto scaligero che vede una analoga situazione in Cattolica Assicurazioni con il presidente Bedoni. L’ultima trovata di Mantovani, e del suo fedelissimo presidente Maurizio Danese, espressione della Camera di Commercio, è stata l’idea di invitare la politica regionale a scimmiottare quella emiliano – romagnola per dar vita ad una alleanza fieristica con Padova. Peccato che la Fiera di Padova sia da anni defunta e resti in vita solo nella retorica cittadina che non può ammetterlo pubblicamente, soprattutto dopo che ha speso circa 20 milioni per un faraonico centro congressi destinato a rimanere desolatamente vuoto e ancora oggi, a pochi mesi dal termine dei lavori, senza indirizzi di gestione.
Che la preda della prossima mossa del risiko sarà Verona sembra dunque ormai quasi certo. Se sarà Milano o se sarà l’asse Bologna – Rimini (che ha già dentro Vicenza) a conquistarla, lo si capirà nei prossimi mesi. Se prevarrà la politica, considerati gli ottimi rapporti Zaia – Bonaccini e i pessimi rapporti Zaia – Fontana, probabile che assisteremo a una aggregazione tutta Nord Est. Se per caso a Verona Mantovani & Co. Adottassero invece come è probabile il motto “Muoia Sansone con tutti i filistei”, potrebbe essere che con pochi spiccioli Milano possa essere in grado di fare shopping in riva all’Adige e, magari, in un’ottica di ripartenza, di portare nella capitale della moda e del mobile di design anche un altro dei grandi simboli italiani: il vino.