Due giovani fratelli, Matteo e Riccardo Vergine, hanno aperto, da due anni, un locale spazioso, luminoso, minimalista negli arredi. Definiscono la loro cucina come “agricola”, partendo dalla storia e dai sapori ancestrali del territorio. Hanno un terreno e la mattina fanno gli agricoltori, con le galline e un orto per l’auto produzione, poi vanno al ristorante, uno in cucina e l’altro in sala. Studiano sulle fermentazioni e la frollatura del pesce, rigorosamente di lago; non hanno una carta e propongono solo menù degustazione, alla cieca.
Interessanti i pairing, inclusi nel menù, come la Linfa di betulla, acqua tonica, vodka, che si accompagna benissimo allo Spiedino di anguilla, laccato al miele. Grande attenzione alle materie prime, rigorosamente del territorio, ai piccoli produttori e alla sostenibilità: l’anguilla è di una specie particolare, non a rischio di estinzione. Buonissimo il Risotto con crema di aglio nero, rafano e muffa di formaggio di capra, così come l’Anatra servita in due parti: il petto con rosa canina e bruscandoli fermentati e poi la coscia con una salsa con cervello, cuore e fegato. C’è attenzione alla circolarità: le lumache, usate per fare un salame e una portata, con il loro brodo, i cui gusci vengono poi riutilizzati per l’alimentazione delle galline. Tre menù degustazione a 60, 75 e 95 euro; carta dei vini biodinamici. C’è il racconto, bello, di un percorso gastronomico che parte dall’antico per proiettarsi in avanti; loro ci credono e ci mettono tanto entusiasmo.