La sacrestia che fu, tra muri del Seicento, è dal 1984 il regno di Giuliano Pellegrini, eccentrico cuoco-patron dotato di gusto non comune. Lo si legge negli arredi come sopra i tavoli (e pure nel sorprendente giardino sul retro) di un ristorante che è un concentrato di bellezza, non casualmente ubicato tra musei d’arte antica e moderna. Di gran gusto anche i piatti di un menù ampio e variegato, nel quale si evince l’imprinting delle origini toscane (mamma Nila e papà Lio, da cui il nome del ristorante, arrivarono a Bergamo da Pistoia negli anni Cinquanta). Accattivante nelle presentazioni, la cucina affonda i valori nella tradizione avvalendosi di materie prime super selezionate per davvero dal patron che ogni giorno fa la spesa personalmente. Ma per gli svolazzi creativi, prego, accomodarsi altrove perché qui va in scena una raffinata cucina di casa, di immediata comprensione. Esemplari in questo senso, i grandi classici: Ragù a condire fettuccine e ravioli; Zuppe che si alternano secondo stagione (in testa la Garmugia); Fritto alla toscana; Piccione arrostito e disossato con le sue frattaglie. Dal mare: Spaghetti con telline e bottarga di muggine e Sogliola adriatica alla mugnaia e purea di patate. Tanti anche i dolci: in pole position le Crostatine, sottilissime, ai frutti di stagione. La cantina, pur non vissuta con lo stesso pathos, ha tutto quel che serve per reggere e valorizzare la cucina. A pranzo, nei feriali, 45 euro per due portate; menù del giorno 100 euro; alla carta anche oltre.