Italiani e green: amore complicato. Tra colonnine che scarseggiano, batterie che durano poco e bollette che lievitano, l’Italia green si scopre… con il freno a mano tirato. A svelarlo è un’indagine realizzata per ItalyPost dall’istituto di sondaggi trevigiano Quaeris guidato da Giorgio De Carlo, che ha raccolto 619 risposte da cittadini di tutte le età in occasione della partenza del Festival della Green Economy a Parma (28-30 marzo). E il verdetto non lascia spazio a interpretazioni: la mobilità elettrica? Fa rima con scetticismo.
Nonostante la retorica della transizione ecologica e le pubblicità patinate, ben il 43,3% degli italiani dichiara che non comprerà mai un’auto elettrica o ibrida. A questi si aggiunge un prudente 25% che potrebbe pensarci tra 3 e 5 anni, mentre solo un timido 18% si dice pronto all’acquisto entro 2 anni. Una minoranza (13,6%) è già passata all’auto “green”
Ma cosa frena davvero gli automobilisti italiani? Una combinazione di scarsità di colonnine (46,4%), prezzo elevato (44,9%), autonomia limitata (44,7%) e tempi di ricarica troppo lunghi (44,3%). In sintesi: l’auto elettrica si conferma ancora un lusso da pionieri urbani con garage privato e portafoglio comodo. I numeri parlano chiaro anche a livello nazionale. Secondo i dati Unrae, nel 2024 in Italia sono state immatricolate 1.558.704 autovetture, con una flessione dello 0,5% rispetto all’anno precedente. Di queste, le auto elettriche rappresentano una quota del 4,2%, mentre le ibride si attestano al 39,7%. In termini assoluti, ciò significa che nel 2024 sono state immatricolate circa 65.000 auto elettriche e circa 620.000 auto ibride.
Se sull’auto green il Paese sembra in retromarcia, sul tema energia c’è maggiore entusiasmo. O almeno, un dibattito aperto. Il 41,3% degli italiani considera il solare la fonte più strategica per il futuro dell’Italia, seguito dall’eolico (25%) e dall’idroelettrico (14%). Il nucleare si ferma al 10,2%, ma guai a darlo per morto: tra i giovani (18-34 anni), è la voce in più rapida crescita.
È vero che il Paese resta spaccato, con un 44,3% contrario al nucleare, un 36,1% favorevole e un corposo 19,6% indeciso, a conferma che la materia è ancora sensibile e molto legata a età e livello di istruzione, ma in realtà sembra diminuire il numero dei contrari in senso assoluto, rispetto ai risultati del referendum del 2011 che vedevano, su un 54,8% di votanti, il 94,1% di contrari.
E mentre si discute di centrali e colonnine, la preoccupazione per l’ambiente rimane alta: oltre il 51% teme il cambiamento climatico, seguito da deforestazione (51,3%), spreco di risorse (49,8%), plastica negli oceani (49,3%) e inquinamento dell’aria (49,3%). Le minacce sono tante, ben distribuite e percepite con sfumature diverse a seconda dell’età. I più giovani temono l’inquinamento visibile, gli adulti guardano ai rischi strutturali, gli over 55 si preoccupano dello spreco e della perdita dell’equilibrio ambientale, mentre il plastic waste impatta di più per i gruppi meno istruiti.
Ma almeno su una cosa gli italiani sembrano d’accordo: l’ambiente conta eccome. Il 57% assegna un punteggio tra 8 e 10 all’importanza della sua tutela. I giovani vedono una quota del 58% votare fra l’8 e il 10, ma il dato piuttosto sorprendente è quello che indica come la sensibilità verso il tema crolla drasticamente sotto il 20% tra i meno scolarizzati e con status economico più basso. Insomma, il cuore è green, ma la strada è in salita. E chissà che non serva proprio una nuova spinta – o una ricarica veloce – per accelerare davvero la corsa verso il futuro sostenibile.