Un azzardo. Qualcuno l’aveva definita ‘una pazzia’: quella di aprire uno stabilimento di proprietà in un altro stato, in una città lontana quasi 6.500 chilometri. Ma non era tanto la distanza a preoccupare chi considerava quell’investimento un rischio, quanto il fatto che in quel Paese non c’era mercato per il prodotto che l’azienda offriva. La Ognibene Power – questo il suo nome – di Reggio Emilia produceva (e produce) sistemi di guida: servosterzi, a voler ridurre all’osso la sua attività.
Lavora sia nel mondo del controllo, con una serie di prodotti che riguardano le steering unit, sia in quello dell’attuatore, il vero ‘muscolo’ di qualsiasi macchina. Con la sua attività spazia su diversi settori. Il principale è quello dei trattori e delle macchine agricole, con clienti quali John Deere e New Holland, ma ci sono anche quelli del giardinaggio, delle costruzioni, del material handling, delle macchine per la municipalità, delle auto sportive e il marine.
Quando, intorno al Duemila, l’azienda stava ipotizzando l’investimento, il Paese a cui guardava era l’India: “Sono andato lì per la prima volta nel 1997, avevamo un cliente. All’epoca era molto diversa da quella che conosciamo oggi: in Occidente si parlava di aiutarla a uscire dallo stato di arretratezza in cui si trovava. Con la convinzione che investire lì fosse una grande occasione, sono tornato regolarmente nel Paese. Le condizioni per farlo si sono concretizzate nel 2006”. A parlare è Claudio Ognibene, President e Ceo dell’impresa fondata dal padre Olmes.
La sua precisione non sembra richiedergli fatica. Si ricorda i nomi, i particolari. Ascoltarlo raccontare la storia dell’azienda che guida fa sentire quasi come se la stessimo attraversando noi stessi in prima persona. “Abbiamo costruito il nostro stabilimento indiano mentre i clienti ci dicevano che lì il servosterzo non si sarebbe mai diffuso – continua –. Il power steering è connesso al comfort del guidatore, dunque non era indispensabile per un Paese in cui la manodopera non mancava”.
Dopo il 2008 anche l’India è toccata dalla crisi e l’impianto è quasi fermo. Qualcosa, però, pian piano comincia a cambiare. Claudio Ognibene ci mostra una foto: è del 2009, “del 4 agosto”, aggiunge con la sua precisione. Lui sta stringendo la mano al suo venditore indiano: “Gli avevo chiesto di vendere il nostro power steering con un’aggiunta di 3 mila rupie sul prezzo del trattore. Lui mi disse che era possibile, anche se Mahindra, che in quegli anni vendeva il 35% dei trattori in India, non aveva il servosterzo”. Perché gli ha creduto? “Perché lui parlava con i farmer, coloro che sono veramente interessati a queste tecnologie e sanno cosa implica averle o non averle: un dirigente non sempre lo sa”.
Oggi l’80% dei trattori indiani ha il power steering. Il ‘tourning point’ è coinciso con la pandemia: verrebbe da dire che le crisi hanno portato bene a Ognibene Power. “Hanno creato, in un certo senso, la necessità del comfort – afferma il President e Ceo –. Quando c’erano molti driver veniva loro imposta un’attività faticosa, mentre ora che ce ne sono meno la regola è cambiata”. Non si tratta di avere la sfera di cristallo: “Chiunque guidi un’auto oggi ha il servosterzo: doveva accadere anche con i trattori, era solo questione di tempo”.
D’altronde, era quello che era successo nella prima metà degli anni Novanta in Turchia e che Claudio Ognibene aveva potuto osservare: “Lì non ci eravamo mossi con anticipo: non potevamo ripetere questo errore”. Oggi, oltre ai due stabilimenti indiani (il primo in Maharashtra e il secondo, nel Punjab, attivo dal 2022), si aggiungono due filiali commerciali in Giappone e in Germania e altre tre sedi, in aggiunta rispetto agli headquarters in Italia.
C’è quello in Brasile, il primo aperto all’estero, “a Caxias do Sul, dove più del 50% della popolazione ha origini italiane”. Ognibene ci fa vedere – con le sue parole – un paesaggio collinare dove non è difficile trovare nebbia e freddo: “Nessuno tranne noi italiani, specie dal Veneto e dall’Emilia, era interessato ad andare lì”. C’è quello in Cina, “Paese controverso per molte ragioni, ma che non credo potremo ignorare”, dice Claudio Ognibene in controtendenza rispetto a chi parla di reshoring.
E poi quello negli Stati Uniti, dove Ognibene svolge le fasi di montaggio e distribuzione. Quello a stelle e strisce è un mercato molto importante per l’azienda, ma anche molto complicato: “Il rischio di incorrere nei dazi non è mai tramontato, anche dopo che abbiamo cominciato a svolgere lì il montaggio: quello che temiamo è che, oltre che alla Cina, possano essere estesi anche agli altri Paesi in cui produciamo”.
Negli altri stabilimenti esteri (Brasile, India e Cina), Ognibene è uno dei Great Place to Work. Il tema delle certificazioni, soprattutto in chiave Esg, è sentito: “Sono molto importanti: i clienti sono ormai attenti alla sostenibilità. Non avendo, però, strutture interne di verifica, si affidano a terze parti in grado di certificare. Anni fa ci hanno chiesto di aderire al programma di EcoVadis – spiega Ognibene –: in un primo momento eravamo riluttanti, poi abbiamo capito che i fattori Esg sarebbero diventati centrali. Ora abbiamo la medaglia Silver – Top 15% e puntiamo a quella Gold”.
L’internazionalizzazione cominciata tra il 2004 e il 2005 è uno dei motivi dietro alla crescita di Ognibene Power: “Abbiamo fatto investimenti con molto anticipo rispetto a quando effettivamente il cliente ne aveva bisogno – commenta il President e Ceo –: quando poi il mercato si è generato lo abbiamo colto subito”. Dal 2016 al 2022 il fatturato dell’azienda è passato da 102 mln a 222 mln e nel solo triennio 2020-2022 l’Ebitda è più che raddoppiato da 16 mln a 34 mln. Nel 2022, inoltre, l’utile era di 19 mln.
“I ricavi – precisa – sono cresciuti verticalmente negli anni segnati dal covid. Nel 2023 abbiamo chiuso a 225 mln: dallo scorso anno, infatti, il settore ha cominciato a calare, in volumi più che in fatturato. La frenata prosegue anche quest’anno e la ripresa si vedrà solo nella seconda parte del 2025. Quello che ci rincuora, però, è che tutti i nostri clienti indicano una forte espansione del settore alla fine di questa decade: per il 2030 è prevista una crescita del 25% rispetto a oggi”.
L’incremento è legato a un fattore che sembra aver poco o niente a che fare con l’attività di Ognibene Power: la demografia. Forte di una quota export che supera il 90%, l’azienda guarda alle tendenze mondiali: “Tra meno di quindici anni, nel 2037, dovremmo raggiungere i 9 miliardi e questo implica più costruzioni, più movimentazione dei materiali e anche una crescente neccessità di cibo e, dunque, prodotti agricoli. Durante la pandemia – ricorda Ognibene – eravamo considerati essential workforce proprio perché presenti nei settori construction, material handling e agriculture: il covid, in pratica, ci ha fatto vedere un aspetto di noi che non avevamo capito”.
Anche qui sta la lungimiranza di essere andati oltre confine, in mercati “dove si vedeva potenziale a lungo termine” e dove, oggi, la demografia è in aumento. Il futuro, per Claudio Ognibene, più che di elettrificazione, parla di guida ‘intelligente’: “Ci stiamo preparando alla prossima generazione di guida: non sappiamo ancora quando, ma arriverà. Sull’elettrico ci stiamo comunque muovendo: ci tocca più dal lato automotive, mentre da quello dei trattori e del material handling, se si parla di attuatori, credo bisognerà attendere ancora anni”.
Ma parlare di India, Cina, Brasile e Stati Uniti e di guida intelligente senza raccontare ciò che c’era prima sarebbe come leggere un libro partendo dalle ultime pagine. Claudio Ognibene ci mostra una foto del padre Olmes che a Correggio (RE), nel 1948, guida un trattore da lui realizzato: l’azienda non era ancora registrata alla Camera di Commercio (sarebbe accaduto nel 1953), ma di fatto era già nata. “Aveva usato residuati bellici per costruirlo”. L’abilità gli veniva dall’esperienza – tragica – di essere stato in un campo di concertamento in Germania: “A causa della mancanza di uomini tedeschi era stato chiamato a lavorare in un’azienda agricola”.
C’è poi un’altra immagine: è del 1973, è ancora in bianco e nero. Ci sono quattordici persone. “A quel tempo l’azienda aveva queste dimensioni. Oggi abbiamo più di 1.700 dipendenti in tutto il mondo e, anzi, il numero di quelli fuori dall’Italia ha superato quello del nostro Paese. Lo scorso anno abbiamo festeggiato i nostri settant’anni: diverse persone di questa foto erano presenti”, dice con un sorriso Claudio Ognibene.
Lui è entrato in azienda a quindici anni. Un po’ presto? “Qui siamo nella Motor Valley emiliana: siamo abituati a regalare moto ai bambini già quando compiono sei anni”, chiosa. Certo, l’anglicismo per la ‘Terra dei Motori’ è arrivato un po’ dopo, ma per Claudio Ognibene è vitale trovarsi in un territorio ricco di aziende nel settore ‘motor’, di racing team, di autodromi e centri di formazione. La fortuna Ognibene Power sembra averla trovata all’estero, è vero. Ma d’altronde sembra averla avuta sempre lì: nel cuore di una regione e di un territorio di cui Claudio non smette di rimarcare l’importanza.
Ognibene Power è una delle 1.000 imprese Champions selezionate dal Centro Studi ItalyPost e L’Economia del Corriere della Sera. Per informazioni sulle imprese Champions clicca qui.