Nell’affollato quartiere di Porta Ticinese, dietro a un’insegna dorata al piano terra di un palazzo, si nasconde un intimo ristorante avvolto nell’intrigante mistero. Dopo essere entrati nel giardino interno, si varca una soglia scura, in cui l’unica luce è proiettata sulla statua mezzobusto di un cuoco che indica di fare silenzio, forse per poter gustare, senza disturbo, la sua cucina. Poco distante vi è la famosa serratura dalla quale si può spiare sui fornelli. Successivamente una sala bianca candida, dove l’occhio cade sui quadri, il camino e i lampadari barocchi di un rosso acceso. Già da ciò si può comprendere lo stile scenografico-esperienziale del locale, stile che si ritroverà poi anche nei piatti.
Chi entra in questo ristorante, deve farlo con spirito libero, facendosi accompagnare dalle sapienti mani della coppia di cuochi Matias Perdomo e Simon Press (i quali – comunque – sono sempre pronti ad assecondare i gusti dell’ospite). Colpisce l’inizio del pasto, con uno scrigno che – aperto a tavola dal commensale – raccoglie al suo interno gli amuse-bouche. Come in un vero e proprio trompe-l’oeil, molti piatti non sono ciò che sembrano, come nei casi, ad esempio, del finto cipollotto di Tropea, del donut alla bolognese (dove la ciambella è una lasagna) o ancora di «ricchezza e povertà» (in cui i centesimi in rame in realtà sono monete di gelatina di maiale su cui sciogliere un brodo di cassoeula). Non manca poi l’approccio fusion in piatti come i noodles di cappasante, limone e brodo dashi.
Il servizio è assai attento. La carta dei vini è monumentale, con proposte nazionali ed estere tra le più blasonate, e con anche una buona profondità di annate. Da diversi anni qui si trova un solo percorso degustazione, ora offerto a 170 euro.
Via Giuseppe Meda, 2 – Milano
Tel. 0249536597
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