Si può dire che Patagonia sia l’impresa green per antonomasia, fra le prime a venire in mente quando si pensa ad un’azienda che alla ricerca del profitto affianca l’attenzione costante alla sostenibilità ambientale e sociale. Non a caso, suo tratto peculiare è anche l’essersi dotata di un “Direttore filosofia”: si tratta di Vincent Stanley, che in Patagonia lavora sin dall’inizio, dunque dal 1973. “L’evoluzione di questo ruolo mi porta, oggi, a spendere un terzo del mio tempo ad insegnare i valori dell’azienda ai dipendenti, un terzo a comunicare con business esterni, e per circa un altro terzo del mio tempo ho a che fare con gli studenti universitari, a Yale, dove ho un incarico da circa sei anni”. Così descrive il suo mestiere Stanley, ospite d’eccezione del Festival della Green Economy, che col suo intervento chiuderà la kermesse domenica alle ore 18:00, a Palazzo dell’Agricoltore. A dialogare con lui sarà Maria Paola Chiesi, head of shared value and sustainability del Gruppo Chiesi, fra le prime 50 aziende farmaceutiche del mondo, basata a Parma, con un forte impegno sul fronte della sostenibilità che, come ripetono spesso, “è un percorso a 360 gradi, che vale per tutto il ciclo di vita di un prodotto, dall’ideazione fino allo smaltimento”.
A dare il via al dialogo sarà la premessa – che dà anche il titolo all’evento – che con un’impresa responsabile si può generare valore, anzi, che le opportunità di crescita vanno ben oltre quel che è immaginabile secondo i tradizionali schemi di generazione del profitto propri del capitalismo dei decenni passati. Non che dalla prospettiva economica si voglia fuoriuscire, è chiaro: è che, come recita il motto della Green Week, sostenibilità è ormai competitività. E per un’impresa, agire “al di fuori delle sue mura” è un modo per rendersi più attrattiva, e il compiere scelte che rispettino il criterio della sostenibilità significa garantirsi processi più efficienti, per evitare lo spreco di risorse e così risparmiare in tutti i sensi, ma anche valorizzare la propria materia prima, aumentare il valore d’acquisto del proprio prodotto e, non ultimo, preservare nel tempo il territorio su cui si lavora.
“Quando abbiamo iniziato, io e il fondatore di Patagonia, Yvon Chouinard, ci siamo resi conto di quanto inquinanti fossero le coltivazioni di cotone, per via dell’enorme uso di pesticidi che si faceva. Per evitare di usare la chimica, siamo passati al cotone organico. E lo switch non è stato semplice, anzi: i nostri stessi dipendenti dubitavano del perché lavorare un materiale che tendeva ad intasare i macchinari se nessuno dei nostri clienti ne faceva effettivamente richiesta e i costi erano più alti. Per chiarire il concetto, li abbiamo portati nei campi di cotone tradizionali: l’odore era terribile, perché le sostanze usate sulle piante erano quelle concepite come gas nervini durante la prima guerra mondiale. Non c’erano uccellini, nulla poteva crescere in un ambiente così rarefatto senza un massiccio uso di fertilizzanti. Poi, subito dopo, siamo andati in una coltivazione di cotone organico, dove fioriva la vita e si potevano mettere le mani nella terra. Lì la mentalità di tutti è cambiata”. Insomma, la sostenibilità è un valore che va coltivato, perché, almeno apparentemente, la strada che vi conduce non è la più semplice. Sta iniziando ad attecchire l’idea che, però, possa essere quella che fa crescere di più, e in maniera più duratura, e generando più valore, per tornare nuovamente al titolo dell’evento che potremo ascoltare domenica.