Bisogna affrontare un po’ di tornanti per arrivare in quella che potremmo definire la “trattoria del futuro”. Lo Chef Michele Valotti si considera un artigiano che ha passato tanto tempo a studiare le ricette e a scovare la materia prima di eccellenza dai piccoli produttori delle valli, ma la sua è una cucina di ricerca e sperimentazione: da anni lavora sulle tecniche di fermentazione di frutta e vegetali e nella produzione di koji, miso e garum. Ne sortisce una cucina viva, pura, varia, diversa, insolita, ma molto accogliente e golosa.
Un unico percorso degustazione, che si può declinare in sette o dieci portate a 38 e 45 euro, e che cambia spesso. Molto forte la parte dedicata ai vegetali con “Verza, verza, verza”cotta nel grasso di pollo, emulsione, shiro koji, shiro miso di verza, whisky torbato, burro affumicato e cavolo cappuccio fermentato, così come il Porro in varie declinazioni (alla brace, in polvere, fritto) con una salsa deliziosa ricca di note di caramello. Da provare il Finocchio marinato in miso di castagne e fave con salsa di garum di pane, polypodium, incenso e finocchietto, così come il gustosissimo Spaghetto con maschèrpa, cachi conservati e polvere di ruta. Emblematica del concetto “less is more” è la Pecora bollita che, in realtà, è conservata per tre giorni in koji di castagne e passata poi, prima di servirla, in un brodo di fieno, bacche di ginepro e cannella. Servizio alla mano e accogliente, carta dei vini che punta ai biodinamici. Ce ne dovrebbero essere di più, di artigiani del cibo, come Michele Valotti!