“Tra le (tante) nuove competenze necessarie alle PMI, la capacità di trovare liquidità innovativa acquista sempre più peso”
L’adagio più abusato sulle PMI è che esse costituiscano “la spina dorsale dell’economia italiana”. Citato in continuazione dalla politica nazionale e locale a corto di idee, si è ridotto ad una affermazione che non ha alcuna conseguenza pratica.
Subito dopo, si colloca l’affermazione che “le PMI dipendono troppo dal sistema bancario e dall’indebitamento a scapito del capitale di rischio”.
Anche qui, il compito di trovare alternative viene lasciato alle PMI stesse, salvo “inondarle” teoricamente di liquidità pandemica che arriva dall’Europa. E quindi nuovo debito.
A fronte di questa miopia sistemica, il mercato (che resiste per fortuna anche in questa ondata statalizzatrice) lavora per noi e ci offre, a saperlo e volerlo leggere, un tesoro di idee e soluzioni.
Semplificando un po’, possiamo ricondurre queste soluzioni a due filoni:
- Fonti che derivano dal Capitale Circolante.
- Fonti che derivano dal Capitale di Rischio.
Il capitale circolante è una spugna che assorbe e trattiene liquidità. Da sempre, e negli ultimi decenni in modo particolare con le metodologie lean, si è lavorato a strizzare questa spugna agendo sulla Supply Chain fisica in modo da ridurre scorte, tempi di consegna, tempi di incasso e pagamento.
Oggi, la tecnologia permette di ottimizzare anche la Supply Chain finanziaria. Con soluzioni Fintech assolutamente accessibili, anche una PMI può liquefare non solo fatture, crediti ma anche il proprio magazzino. Può, inoltre, utilizzare una liquidità disponibile per negoziare sul momento condizioni migliori di acquisto con i propri fornitori a fronte di pagamenti più veloci.
Per altro, tutte queste operazioni sono di tipo commerciale e non finanziario/bancario.
Anzi, queste operazioni creano un modello di soluzioni che sono in concorrenza con il sistema bancario creando una sana competizione e migliorando gli stessi rating aziendali. Usando bene questi risultati, anche le spese bancarie possono essere rinegoziate a favore.
Dal lato del capitale di rischio è in atto una vera e propria “caccia alla PMI”. Nata inizialmente da una focalizzazione da parte dei Private Equity su realtà di piccole e medie dimensioni, oggi questa tendenza è rafforzata dalla presenza di iniziative più flessibili e su misura. I Club Deal si stanno rivelando una soluzione con molte caratteristiche favorevoli alle PMI che vogliono crescere: un modello flessibile, senza exit predeterminate, progetti fatti “su misura”, investitori con interesse specifico nel business della PMI o con competenze industriali complementari, orientamento all’investimento “paziente”. Questi interlocutori, per un imprenditore con idee, possono costituire dei potenti acceleratori della crescita aziendale in tutte le sue dimensioni: di mercato, organizzativa, gestionale, tecnologica.
Dialogare con questi interlocutori offre un continuo confronto dell’idea imprenditoriale con il mercato, “costringe” l’imprenditore ad esplicitare una strategia, tiene in tensione positiva la componente innovativa.
Le imprese che coinvolgono questi investitori hanno un “pungolo” che fornisce loro un grip potente sul mercato. Ma con una prospettiva di medio periodo di creazione di valore duraturo. In molti casi può essere anche uno step intermedio verso sbocchi in contesti ancora più ampi (borsa, gruppi industriali internazionali, poli di aggregazione guidati da private equity).
Non ci sono, quindi, solo le banche o le tasche dei fondatori per sostenere lo sviluppo delle PMI: anche qui il tema cardine sono le nuove competenze necessarie.
La strumentazione Fintech che consente la Supply Chain Finance ha bisogno di persone che possano selezionare, combinare, porre in essere le diverse applicazioni in modo ottimale nel corso della vita aziendale. Con Stefano Gamba, un nostro amico, esperto del settore fintech, abbiamo coniato il termine Fintech-grator, cioè un integratore di strumenti finalizzati all’estrazione della liquidità dal circolante.
Il modo dei Club Deal richiede alle imprese di imparare a “raccontare” la propria strategia sulla base di scenari, analisi dei rischi, profili economico-finanziari. Una competenza nuova i contesti in cui l’imprenditore è sempre molto “sul pezzo” e poco abituato alla condivisione.
Come abbiamo avuto modo di raccontare in altri articoli su questa rubrica, le competenze possono essere interne all’azienda oppure ottenute dalle aziende stesse tramite processi di outsourcing di servizi ad alto valore aggiunto.
Lo spazio per gli Indiana Jones è aperto, quindi, a tutti, senza limiti, purchè ci siano buone idee e tanto entusiasmo.